Falsa certificazione BIO e frode in commercio
La Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 35387/2016 depositata ieri, ha ribadito il proprio orientamento in materia di configurabilità del reato di frode in commercio in ambito alimentare.
La peculiarità della sentenza in esame riguarda il fatto che il reato è stato accertato in relazione ad un prodotto (arance) falsamente qualificato come biologico in etichetta ove era riportato il simbolo dell’ente di certificazione.
La Suprema Corte ha enunciato il seguente principio di diritto:
“Il delitto di frode in commercio consiste nella consegna all’acquirente di una cosa diversa da quella dichiarata e pattuita e tutela l’ordine economico mediante la repressione della frode in danno degli acquirenti i quali hanno diritto a ricevere in consegna la cosa pattuita.
Gli elementi dei profitto e dei danno altrui sono estranei alla struttura del reato ed e perciò irrilevante che al compratore sia consegnata merce il cui costo di produzione sia pari o anche superiore al costo di quella dichiarata ed abbia lo stesso o un maggiore potere nutritivo”.
In sostanza, per la sussistenza del reato è sufficiente che un soggetto abbia volontariamente messo in commercio una cosa diversa da quella dichiarata.