Intermediazione finanziaria – le precedenti operazioni a rischio non esonerano la banca dall’obbligo informativo
La Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18153 del 31 agosto 2020, ha accolto il ricorso di un investitore che eccepiva il mancato adempimento, da parte della banca, dell’obbligo di informarlo adeguatamente sulla rischiosità dell’investimento propostogli e di comunicargli l’adeguatezza/inadeguatezza dell’investimento rispetto al suo profilo di rischio (art. 21, 23 e 28 TUF ed art. 28 Reg. Consob).
Per tali ragioni chiedeva l’annullamento del contratto quadro e dei relativi atti di acquisto.
La banca si difendeva, tra le altre cose, osservando che il soggetto era aduso ad operazioni finanziarie ad alto rischio ed aveva già acquistato in passato titoli dello stesso tipo. Quindi, concludeva la banca, l’inadempimento all’obbligo informativo è irrilevante perchè l’investitore aveva piena consapevolezza dei rischi che stava correndo.
La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’investitore fissando i seguenti punti:
- l’intermediario finanziario non è esonerato, anche in presenza di un investitore abituato ad operazioni finanziarie a rischio elevato risultanti dalla sua condotta pregressa, dall’assolvimento degli obblighi informativi prescritti in generale e senza eccezioni dal D.Lgs. n. 58 del 1998 art. 21 con le relative prescrizioni di cui al regolamento Consob n. 11522 del 1998. L’intermediario deve, quindi, ogni caso offrire all’investitore la piena informazione circa la natura, il rendimento ed ogni altra caratteristica del titolo.
- il mancato assolvimento dell’obbligo informativo, non è prova del danno subito dall’investitore, ma determina una presunzione di esistenza del nesso di causa-effetto tra la mancata informazione e gli effetti negativi della scelta non consapevole effettuata dall’investitore.
- l’onere di provare l’assolvimento dell’obbligo informativo grava sulla banca che non lo adempie dimostrando che l’investitore, in passato, aveva effettuato altre operazioni ad alto rischio dello stesso tipo.
Nello stesso senso la Corte si era espressa nelle sentenze n. 8338-2018 – 15936-2018 – 29106-2019 e 7905-2020.