Vendita di carne contenente salmonella: per la condanna è necessaria l’analisi secondo metodi ufficiali
Cass. penale 25256/2020, pubblicata l’otto settembre, si occupa del reato p.p. dall’art. 5, lett. c) della L. 283/1962 in forza del quale è vietato impiegare nella preparazione di alimenti o bevande, vendere, detenere per vendere o somministrare come mercede ai propri dipendenti o comunque distribuire per il consumo, sostanze alimentari…
lett. c) con cariche microbiche superiori ai limiti che saranno stabiliti dal regolamento di esecuzione o da ordinanze ministeriali.
Nel caso di specie il legale rappresentante di una macelleria era stato condannato in primo grado per la presenza di salmonella negli involtini crudi di suino presenti sul banco del negozio.
La Suprema Corte ha annullato con rinvio la sentenza di condanna in quanto:
a) la presenza della salmonella era stata accertata solo mediante un cd. test rapido e non mediante uno dei metodi ufficiali previsti dal Reg. UE 2073/2005.
b) la presenza, in motivazione, di congetture quanto al consumo del prodotto crudo, mentre era provato la presenza di cartelli che invitavano i clienti alla cottura della carne;
c) l’assenza, in motivazione, di qualsivoglia considerazione in merito alle concrete modalità del fatto (il prodotto era stato preparato da un dipendente) in relazione alla disciplina della delega di funzioni ed al ruolo/responsabilità del legale rappresentante.