La riforma della prescrizione: fine processo … mai
Negli ultimi tempi il dibattito sulla riforma della prescrizione ha trovato ampio spazio nei mezzi d’informazione e nel confronto politico.
Un processo celere, chiaro e rispettoso dei principi generali del diritto e delle garanzie previste dalla Costituzione è interesse di tutti gli operatori del diritto nonchè un diritto di tutti i cittadini.
I principi fondamentali cui si deve ispirare la disciplina processuale sono contenuti nella Costituzione negli artt.:
– 24 comma 1 in forza del quale “tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi”;
– 24 comma 2 in forza del quale “la difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento”;
– 27 comma 2 in forza del quale “l’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva”;
– 111 comma 1 in forza del quale “la giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge”;
– 111 comma 2 in forza del quale “ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti ad un giudice terzo ed imparziale” e “la legge ne assicura la ragionevole durata”.
La nuova disciplina della prescrizione (introdotta con L. 3/2019) modifica il secondo comma dell’art. 159 cp.
La norma abrogata prevedeva che il corso della prescrizione (che è il tempo massimo entro il quale un processo penale deve concludersi) rimanesse “sospeso” per il tempo necessario alla redazione e deposito della sentenza di primo grado e di secondo grado.
In altre parole, il tempo impiegato dal giudice a redigere la sentenza non poteva essere conteggiato ai fini della prescrizione.
La norma prevedeva, altresì, la durata massima di detta sospensione in un anno e sei mesi per ciascun grado di giudizio.
Il termine ordinario di prescrizione previsto dal codice penale (cfr. art. 157 c.p.) è pari al massimo della pena edittale previsto per il reato e non può essere inferiore a sei anni per i delitti ed a quattro anni per le contravvenzioni.
Vi sono, poi, reati per i quali i termini sono molto più lunghi, ad esempio: dieci anni per la bancarotta fraudolenta e quindici per l’associazione a delinquere di stampo mafioso.
Al periodo di tempo previsto dall’art. 157, quindi, in base alla precedente normativa, andava sommato il periodo di sospensione suddetto.
In altre parole, perchè maturasse la prescrizione di un delitto il termine minimo era di sei anni più la sospensione ex art. 159 cp ossia 7 anni e mezzo. Nel caso delle contravvenzioni il termine minimo scendeva a quattro anni più la sospensione ossia a cinque anni e mezzo dal fatto senza l’emissione di una sentenza definitiva.
La nuova versione dell’art. 159 secondo comma c.p. prevede, invece, che:
“Il corso della prescrizione rimane altresì sospeso dalla pronunzia della sentenza di primo grado o del decreto di condanna fino alla data di esecutivita’ della sentenza che definisce il giudizio o dell’irrevocabilita’ del decreto di condanna»
Ciò significa che, una volta emessa la sentenza di primo grado la prescrizione smette di decorrere.
Inoltre, che l’emissione della sentenza di primo grado può arrivare sette anni e mezzo dopo la commissione del fatto.
La vigente legislazione processuale penale non prevede un termine massimo entro il quale devono essere celebrati i processi d’appello e di cassazione.
Ciò significa che, per effetto della riforma, il processo penale non ha più un termine finale di durata entro il quale si deve pervenire a sentenza definitiva.
In altre parole, imputato e vittima potrebbero rimanere in attesa della sentenza definitiva … all’infinito e la durata del processo viene lasciata alla discrezionalità ed alla capacità organizzativa dei singoli uffici giudiziari.
Il che è in palese contrasto con il principio di ragionevole durata del processo sancito dall’art. 111 comma 2 Cost.
A ciò si aggiunga che l’Italia è già oggi uno dei paesi più lenti d’Europa nell’amministrare la giustizia, ed il quadro è completo.
In estrema sintesi : fine processo … mai !